All’attenzione del Datore di Lavoro/Covid Manager
La situazione pandemica in Italia e nel mondo va aggravandosi, tanto da rendere difficile il tracciamento dei casi, il principale strumento di conoscenza e prevenzione della diffusione esponenziale del contagio.
Nel ricordare che il distanziamento è la principale misura di sicurezza (cui si aggiungono sempre e comunque l’uso della mascherina e l’igiene personale), è nota la discrasia tra le previsioni di legge, dei DPCM e dei Protocolli (che fissano in un metro la corretta distanza minima da mantenere) e il sistema del contact tracing, fondato sulla nozione di “contatto stretto” previsto dal Rapporto n. 53/2020 dell’ISS.
In particolare, secondo questo documento, per contatto stretto di intende
• una persona che vive nella stessa casa di un caso di COVID-19
• una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di COVID-19 (es. la stretta di mano)
• una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso di COVID-19 (es. toccare a mani nude fazzoletti di carta usati)
• una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di COVID-19, a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti
• una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (es. aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di COVID-19, in assenza di DPI idonei
• un operatore sanitario od altra persona che fornisce assistenza diretta ad un caso di COVID19 oppure personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni di un caso di COVID-19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei
• una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto entro due posti in qualsiasi direzione rispetto a un caso COVID-19; sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.
Rilevano, in particolare, le ipotesi del contatto a distanza inferiore di 2 metri per più di 15 minuti, faccia a faccia e la compresenza in ambiente chiuso senza mascherina.
Il rispetto della legge (o dei DPCM e dei Protocolli) è finalizzato a garantire distanze che sono ritenute adeguate nel contemperamento con le esigenze lavorative, mentre il concetto di contatto stretto è maggiormente cautelativo in quanto finalizzato a riscontrare il maggior numero di soggetti coinvolti, soprattutto se asintomatici.
Ne consegue che l’azienda, pur avendo rispettato pienamente il dettato normativo, potrebbe andare incontro ad un coinvolgimento nel contact tracing (per la presenza di contatti stretti secondo il documento ISS) con conseguente potenziale adozione di misure di quarantena (individuale o collettiva) da parte delle Autorità sanitarie, con evidenti riflessi negativi sull’operatività.
Dunque, la quarantena diviene un rischio da prendere in considerazione e, se nel caso, da mitigare con misure cautelative maggiori rispetto a quelle previste nelle disposizioni di legge e nei protocolli. Molte aziende stanno già applicando – ove possibile – misure restrittive, dirette a precludere il concreto verificarsi di ipotesi di contatti stretti.
Tra le MISURE FINALIZZATE A PREVENIRE POSSIBILI PROVVEDIMENTI DI QUARANTENA, dunque, si potrebbe pensare, ad esempio:
• adottare un sistema aziendale di MONITORAGGIO continuo mediante la periodica somministrazione di tamponi antigenici rapidi (o, quando saranno disponibili, tamponi salivari) a tutti i lavoratori presenti in azienda, in modo da tenere sotto controllo la presenza e la diffusione del virus, prevenendo possibili contagi. Un investimento sicuramente oneroso, ma concreto strumento di prevenzione e testimone dell’impegno nel collaborare alla riduzione della circolazione del virus (in ambito aziendale ma anche sociale) – Vedi precedente comunicazione-Faq sulle misure privacy da rispettare.
• laddove possibile, tarare l’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE, per la parte del lavoro in presenza, in modo da prevenire il contatto stretto (e non solamente il rispetto del metro di distanza). In questo senso, si potrebbe pensare di:
§ ampliare a due metri il distanziamento tra le persone/postazioni di lavoro ovvero (o in aggiunta) organizzare la disposizione dei posti di lavoro evitando il contatto “faccia a faccia”
§ disporre l’uso permanente della mascherina chirurgica, anche nei luoghi di lavoro (es. open spaces) che non sono spazi comuni
§ rafforzo delle misure di compartimentazione dei reparti/squadre con l’obiettivo di diminuire al massimo i contatti e di creare gruppi autonomi, distinti e riconoscibili compre le fasi di ingresso e uscita, uso di locali/sale ristoro, transito in zone comuni…
§ per le ipotesi maggiormente a rischio (contatti continuativi ravvicinati) prevedere l’uso di mascherine FFP2.
Queste misure si aggiungono a quelle consuete (evitare contatti fisici o contatti diretti non protetti con le secrezioni di un caso COVID19) e a quelle più generali (igiene personale delle mani, degli ambienti e delle attrezzature, areazione dei locali).
Con il rispetto di queste misure, si riduce la potenzialità che si verifichino “contatti stretti” e, ancor prima, si riduce notevolmente la possibilità di diffusione del contagio.
Qualora l’azienda ritenga opportuno/necessario rafforzare le misure anti-contagio previste nel protocollo aziendale, anche sulla base delle proposte sopra riportate, è necessario dare opportuna informazione al personale provvedendo a modificare il protocollo aziendale o integrandolo con un appendice anche al fine di garantire un’efficacia dal punto di vista disciplinare, qualora si rendesse necessario.
A disposizione per ogni eventuale chiarimento, colgo l’occasione per porgere i miei migliori saluti.